Autore: Maria Chiara Appiotti
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16 febbraio 2022
Il significato della menzogna nei bambini Capiterà, a volte, a mamma e papà di scoprire che loro figlio racconti bugie. Ma prima di allarmarci, col timore che possa crescergli il naso o che le gambe possano accorciarsi, e prima di chiederci come sarà opportuno reagire, è importante considerare l’età e, di conseguenza, il motivo che spinge un bambino a dire una bugia. I bambini molto piccoli lo fanno “in perfetta innocenza”: per loro la bugia corrisponde alla volontà di modificare la realtà a proprio piacimento, accantonando, ignorando o negando gli elementi che potrebbero provocargli dispiacere. Il bambino piccolo, generalmente prima dei cinque anni, spinto a ricercare esperienze piacevoli, allontana quelle dolorose, confondendo il proprio desiderio con la realtà. In questa fase, infatti, non è ancora capace di distinguere tra il proprio mondo interno e quello esterno. Può accadere talvolta che un bambino più grande, sebbene abbia raggiunto determinate tappe dello sviluppo, regredisca comunque a forme infantili di soddisfazione del desiderio: se incontra frustrazioni e delusioni eccessive, è possibile che ricorra ugualmente alle cosiddette “menzogne di fantasia”. È il caso, per esempio, di un bambino primogenito che, spinto dal desiderio di far uscire di scena il fratello minore che gli ha sottratto le attenzioni e le tenerezze dei genitori, racconta a tutti di essere figlio unico. In generale, però, crescendo, la bugia diventa intenzionale, di conseguenza più complessa e articolata. È utile, allora, soffermarsi sul perché nostro figlio, nonostante abbia interiorizzato la vocina del Grillo Parlante e i valori morali, sfugga alla verità o la deformi. Un bambino può raccontare una bugia per paura dell’autorità o per evitare una critica o un castigo: potrebbe raccontarci, per esempio, di aver fatto tutti i compiti o di aver preso un buon voto a scuola. La bugia, in tal caso, potrebbe mirare anche ad ottenere l’approvazione di un adulto o, talvolta, un vantaggio materiale. Spesso accade, invece, che la menzogna celi un desiderio di grandezza. “Lo sai che la mia casa ha cinque piani e una piscina grandissima?”, potrebbe raccontare nostro figlio, mentendo, ai suoi compagni di scuola. Sono le cosiddette vanterie che vogliono attirare a sé le attenzioni dell’altro e che possono indicare un vissuto di insicurezza e inadeguatezza. Nei bambini dai sei anni in su, in ciascuno di questi casi, la tendenza a mentire può destare la nostra preoccupazione se si verifica frequentemente, o abitualmente, e se incide in maniera significativa sul loro comportamento. La menzogna ricorrente può essere intesa, infatti, come la manifestazione di una sofferenza alla stregua di qualsiasi altro sintomo che meriti attenzione e che potrà essere compresa con l’aiuto di un professionista psicologo. Sarà sua cura rispettarla e riconoscerla perché espressione della realtà psichica del bambino e guida per far luce su ciò che accade in lui e su un disagio su cui è importante intervenire. La psicoterapia assume, quindi, la funzione di percorso risolutivo di un vero e proprio paradosso in cui il piccolo mentitore, per essere sé stesso, per sentirsi accettato e più a suo agio, è costretto a mentire, a raccontare una versione di sé (e dei fatti che lo riguardano) lontana dalla realtà. Il lavoro terapeutico, dunque, accompagna nostro figlio nella costruzione della sua identità e nella trasformazione, per citare Pinocchio, da burattino di legno a bambino in carne ed ossa, da teatrante a persona più autentica.