Consulenza psicologica e psicoterapia psicoanalitica BAMBINI, ADOLESCENTI E GENITORI
Autore: Achiropita Chimenti, Francesca De Vita 28 feb, 2022
NO TU NO! TWO IS BETTER THAN...THREE 
Autore: Achiropita Chimenti e Francesca De Vita 16 feb, 2022
Si inizia a diventare genitori sin da quando si decide di volerlo essere , da questo momento in poi ogni comunicazione avrà come scopo quello della genitorialità. Cosa accade quando da coppia si diventa genitori? Possiamo intendere la genitorialità come una possibile evoluzione della coppia? In diversi casi è possibile affermare che quando una coppia sente di aver raggiunto una certa stabilità, interna ed esterna, può sentire anche il bisogno di creare una famiglia. Oggi, meno influenzate di un tempo dalle spinte socio-culturali, molte coppie ragionano e ponderano bene la nascita di un figlio, sono molti i dubbi che vi assalgono… “E’ davvero arrivato il momento giusto?” “Saremo in grado?” “Avremo abbastanza soldi?” …ma cosa significa e cosa comporta diventare genitori? Per alcuni forse può significare un riassetto pratico ed economico, quindi doversi procurare tutti i suppellettili necessari al bambino, mettere in conto risorse economiche da destinare alle spese del nascituro. Ma se vogliamo, preparare lo spazio del bambino in casa, potrebbe anche rappresentare un rito di passaggio, un modo per trovare anche uno spazio del bambino che sia interno al genitore. In che senso uno spazio interno al genitore ? Beh accogliere il bambino del quale bisognerà prendersi cura per una lunga parte della propria vita, se non tutta, non sembra proprio una passeggiata. Infatti un genitore, definito da Winnicott sufficiente buono , oltre che a provvedere a bisogni concreti del figlio dovrà cercare di corrispondere anche ai bisogni affettivi. Questi forse sono i più difficili. Perché non è così semplice riuscire a corrispondere ai bisogni affettivi del bambino e riuscire anche a regolare i propri? Semplicemente perché all’interno di questo processo giocano tanti fattori per nulla trascurabili. Il primo fattore che influenza la relazione genitore-bambino è la storia personale di ognuno dei partner, dove per storia si intendono i vissuti emotivi esperiti sia in famiglia sia nelle altre relazioni. L’aver fatto esperienza del proprio genitore nel ruolo di figlio, influenza moltissimo la relazione futura. E’ ciò che viene chiamato vissuto transgenerazionale. Per promuovere una sviluppo che non presenti degli arresti, è importante per una coppia riuscire ad integrare le due storie personali. Ciò contribuisce alla costruzione di un’identità di coppia necessaria per la futura costruzione di un’identità genitoriale. Ci sono nuovi compiti da affrontare, primo fra tutti quello di ridisegnare la propria relazione, riuscire a trovare un’integrazione tra le opinioni, o rappresentazioni, che ogni partner ha sulla genitorialità, perché l’obiettivo è quello di far crescere il proprio figlio in una genitorialità comune e condivisa . Purtroppo sembrerebbe che accettare le differenze non sia semplice, imporre la propria idea di genitorialità perché ritenuta più giusta non aiuta lo sviluppo della coppia genitoriale. “siamo sempre andati d’accordo su tutto ma non riusciamo a trovare un punto d’incontro sull' educazione di un figlio…” “forse non è ancora il momento…” “e se non avremo più tempo per noi?” Molte domande costellano la genitorialità nascente, perché insieme ad ogni neonato nascono due nuovi genitori. Questo è valido anche se pensiamo ai secondogeniti, terzogeniti e così via, perché non si riuscirà ad essere genitori allo stesso modo con tutti i figli. Si dice che ogni figlio ha il proprio genitore, perché ogni relazione è unica e specifica. Dunque che sia prima, seconda, o quinta gravidanza non abbiate timore a richiedere l’aiuto di un professionista psicologo, alcuni dei quali offrono servizi di “ Home Visiting ” accompagnando la coppia, o il singolo genitore, nella costruzione del proprio ruolo genitoriale e nel supporto delle tappe evolutive del bambino. Per maggiori informazioni l’Equipe di Scarabocchi potrà rispondere alle vostre domande.
Autore: Francesco Vicanolo 16 feb, 2022
L’adolescenza è un periodo di profondo cambiamento, il corpo si sviluppa e cresce, la pubertà convoca con forza il corpo con nuove sensazioni, all’inizio ignote e misteriose; cambia il modo di vedere e pensare gli altri e soprattutto noi stessi. Anche il rapporto con i genitori si trasforma, prima punto di riferimento, dopo scomodi intrusi del nuovo spazio che l’adolescente inizia a formare intorno a sé (a casa e fuori). Un periodo che sconvolge regole, tempi, ruoli e funzioni, essere disorientati non diviene un problema da risolvere ma un punto di partenza verso un nuovo e personale modo di essere, sia per i ragazzi che per i genitori. Tutto questo rimaneggiamento può confondere i ragazzi e portare a degli “agiti” che alcuni, con tono bonario ed edulcorato definiscono ragazzate, pensando siano cose passeggere e reversibili, altri le considerano gravi comportamenti che rischiano di compromettere il futuro dei ragazzi…. ma quindi come può un genitore orientarsi e comprendere la sottile e incerta linea di confine? Se si è troppo indulgenti si rischia di non fornire al figlio il necessario senso del limite che solo gli adulti, e i suoi rappresentanti come le istituzioni, devono dare, perché il limite non è solo un divieto ma un garante che deve essere introiettato per divenire una funzione di sostegno e protezione. Se si è troppo rigidi, che non per forza deriva da fare i “bacchettoni” ma da una situazione confusiva che spaventa, si rischia di diventare un muro, impermeabili all’altro, non potendo offrire quella comprensione, tolleranza e rispecchiamento di cui i ragazzi segretamente hanno bisogno. Quindi torniamo alla domanda, se mio figlio è adolescente e sta facendo delle cose che mi preoccupano è il caso che lo faccio vedere da uno psicologo? Dipende ovviamente, alcune turbolenze sono fisiologiche e per le quali non serve chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta, a volte basta che i genitori mantengano uno sguardo vigile per monitorare il problema, si confrontino tra loro e “pensino” il figlio, in un modo nuovo e libero da pregiudizi. Altre volte invece c’è il rischio che le ragazzate siano prime avvisaglie di comportamenti che sabotano lo sviluppo degli adolescenti e che possono cronicizzarsi in dei sintomi ma soprattutto rendere troppo tormentata l’esistenza dei ragazzi. In questo caso sarebbe utile poter offrire all’adolescente la possibilità di parlare con qualcuno, non in modo che “lo rimetta in riga”, ma che possa ascoltarlo e comprenderlo. Nel caso il ragazzo non volesse, inutile insistere, potrebbe essere utile per i genitori chiedere un aiuto per loro, per capire come gestire la preoccupazione e questo può essere un grande aiuto indiretto per il ragazzo. Può succedere che dopo tempo l’adolescente chieda un aiuto, e grazie al lavoro fatto dai genitori che il ragazzo ha raccolto, in quel caso si può pensare ad uno spazio nuovo ed esclusivo del ragazzo dove possa sentire libero di portare e scoprire sè stesso.
Autore: Maria Chiara Appiotti 16 feb, 2022
Il significato della menzogna nei bambini Capiterà, a volte, a mamma e papà di scoprire che loro figlio racconti bugie. Ma prima di allarmarci, col timore che possa crescergli il naso o che le gambe possano accorciarsi, e prima di chiederci come sarà opportuno reagire, è importante considerare l’età e, di conseguenza, il motivo che spinge un bambino a dire una bugia. I bambini molto piccoli lo fanno “in perfetta innocenza”: per loro la bugia corrisponde alla volontà di modificare la realtà a proprio piacimento, accantonando, ignorando o negando gli elementi che potrebbero provocargli dispiacere. Il bambino piccolo, generalmente prima dei cinque anni, spinto a ricercare esperienze piacevoli, allontana quelle dolorose, confondendo il proprio desiderio con la realtà. In questa fase, infatti, non è ancora capace di distinguere tra il proprio mondo interno e quello esterno. Può accadere talvolta che un bambino più grande, sebbene abbia raggiunto determinate tappe dello sviluppo, regredisca comunque a forme infantili di soddisfazione del desiderio: se incontra frustrazioni e delusioni eccessive, è possibile che ricorra ugualmente alle cosiddette “menzogne di fantasia”. È il caso, per esempio, di un bambino primogenito che, spinto dal desiderio di far uscire di scena il fratello minore che gli ha sottratto le attenzioni e le tenerezze dei genitori, racconta a tutti di essere figlio unico. In generale, però, crescendo, la bugia diventa intenzionale, di conseguenza più complessa e articolata. È utile, allora, soffermarsi sul perché nostro figlio, nonostante abbia interiorizzato la vocina del Grillo Parlante e i valori morali, sfugga alla verità o la deformi. Un bambino può raccontare una bugia per paura dell’autorità o per evitare una critica o un castigo: potrebbe raccontarci, per esempio, di aver fatto tutti i compiti o di aver preso un buon voto a scuola. La bugia, in tal caso, potrebbe mirare anche ad ottenere l’approvazione di un adulto o, talvolta, un vantaggio materiale. Spesso accade, invece, che la menzogna celi un desiderio di grandezza. “Lo sai che la mia casa ha cinque piani e una piscina grandissima?”, potrebbe raccontare nostro figlio, mentendo, ai suoi compagni di scuola. Sono le cosiddette vanterie che vogliono attirare a sé le attenzioni dell’altro e che possono indicare un vissuto di insicurezza e inadeguatezza. Nei bambini dai sei anni in su, in ciascuno di questi casi, la tendenza a mentire può destare la nostra preoccupazione se si verifica frequentemente, o abitualmente, e se incide in maniera significativa sul loro comportamento. La menzogna ricorrente può essere intesa, infatti, come la manifestazione di una sofferenza alla stregua di qualsiasi altro sintomo che meriti attenzione e che potrà essere compresa con l’aiuto di un professionista psicologo. Sarà sua cura rispettarla e riconoscerla perché espressione della realtà psichica del bambino e guida per far luce su ciò che accade in lui e su un disagio su cui è importante intervenire. La psicoterapia assume, quindi, la funzione di percorso risolutivo di un vero e proprio paradosso in cui il piccolo mentitore, per essere sé stesso, per sentirsi accettato e più a suo agio, è costretto a mentire, a raccontare una versione di sé (e dei fatti che lo riguardano) lontana dalla realtà. Il lavoro terapeutico, dunque, accompagna nostro figlio nella costruzione della sua identità e nella trasformazione, per citare Pinocchio, da burattino di legno a bambino in carne ed ossa, da teatrante a persona più autentica.
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